Oggetto di questa galleria fotografica sono, senza dubbio, le artistiche fusioni in bronzo.
L'ambiente in cui sono stati realizzati i singoli scatti è la “Fonderia F.lli Bonvicini”, a Caselle di Sommacampagna, che ha realizzato opere in bronzo di grandi scultori: De Chirico, Dalì, Mirò, Botero, Arnaldo Pomodoro, per citarne solo alcuni fra i più famosi. Per questo il titolo di questa raccolta è “Fusioni”.
Il termine “fusioni” è però qui inteso in senso più ampio, indica anche contaminazioni concettuali, processi alchemici, mutazioni artistiche.
Nell'ambito della fonderia, all'interno dei capannoni dove si producono gli stampi in gesso e in silicone, dove si realizzano i modelli in cera, là dove le “cere” vengono celate dalle argille, presso i forni, fra i crogiuoli, le colate e le terre, gli scarti di saldatura e limatura dei bronzi fusi, nell'odore delle patine e della cera di lucidatura, permangono, a testimonianza della perizia e della creatività di scultori e maestranze, scarti e resti di un lavoro antico, carico di valenze storiche e artistiche che, a loro volta, stimolano e suggeriscono operazioni ed immagini altamente creative.
Persino nei cortili, tra rottami di gesso, bronzo, ferro, accatastati in attesa di essere smaltiti, la magia alchemica continua il processo di trasformazione della materia sublimandola fino a diventare essa stessa prodotto artistico. E' un processo naturale, non controllato da mente umana.
Acqua, aria, terra, fuoco ne sono ancora una volta gli artefici. La pioggia arrugginisce rottami metallici e cola su bronzi ancora incrostati di terra refrattaria; sacchi intrisi di gesso, accatastati uno sull'altro, si accompagnano a resti di fusione, colate, crogiuoli spaccati. Sabbie, vecchi pianali di legno, tavole ingrigite dall'esposizione al sole, si confrontano con lamiere arrugginite, bidoni di plastica, teloni impermeabili.
Figure di gesso, testimoni immobili e fuori contesto, osservano, silenziose presenze, l'incontrastato gioco del loro farsi memoria.
I vari materiali si contaminano l'un l'altro, complici il trascorrere del tempo, gli agenti atmosferici e l'indifferenza dell'uomo.
Erbe e piante spesso si impongono sui materiali e sui manufatti, si compenetrano e si intrecciano ad essi.
Anche questa spontanea contaminazione si può definire “fusione”, laddove la ruggine, diluita dall'acqua diventa colore e si deposita sui bronzi, l'argilla incrosta gli attrezzi, i materiali si decompongono.
Le maestranze, attente al processo di realizzazione della singola opera d'arte, non s'avvedono che anche i loro gesti più usuali e abitudinari, quei gesti che ormai eseguono in automatico, lasciano dietro sé briciole di memoria destinate a permanere e a sedimentarsi all'intorno, come pennellate su una gigantesca tela, brandelli di note per una insolita romanza.
L'occhio attento dell'osservatore può vagare incontrollato, la mente creativa indaga e registra inventando, a sua volta nuovi processi artistici, “alchimie” che riassumono e condensano, in immagini, emozioni e sensazioni inusuali, pur essendo esposte in bella vista.
“Fusioni” vuol essere la testimonianza di quanto le ovvietà, le cose comuni, la quotidiana “normalità” possano diventare accadimento eccezionalmente creativo.