Acqua e fiume

Acqua! Acqua che zampilla e sgorga in pozze dal profondo di caverne inesplorate, impregnate d’umido silenzio e cariche di vita selezionata e filtrata in impenetrabili rivi nascosti e crepe irraggiungibili.
Leggi tutto...

Scompaio e risorgo in forre buie. Esco al sole improvviso! Finalmente respiro! Trattengo memorie antiche di ben altri cieli e distanze.
Gorgoglio e borbotto tra ghiaie distese, assediate da muschi superbi e lussureggianti erbe, intiepidita appena da un sole gagliardo che si specchia in me e riflette ovunque frammenti consapevoli della sua luce. Nella mia trasparenza ripone la sua verità, fiducioso ch’io la sparga dovunque tra le rocce pazienti in riverberi d’ombre boschive.
Invado rughe e catini di terra, solchi di nevai dimenticati; mi ricompongo fremente in greti angusti; saltello e canto scrosciando tra levigati, lucidi ciottoli rotolati da canaloni stretti tra i monti. Mi faccio strada, m’espando, invado ogni forma sottomessa, eludo ostacoli aggirandoli con destrezza. Saltello qua e là, zigzagando cristallina e ridente a sorprendere e destare ambiti dimenticati, farne anse volubili su greti ruvidi o verdi d’alghe e vite parallele.
Casco perdendomi a gocce diamantine in cascate ebbre di luce fino a farmi vapore e nebbia per poi sprofondare, nella vertigine delle mie stesse profondità, a scavare solchi e vasche erodendo e levigando rocce che furono potente baluardo inamovibile. Ne spremo il succo, lo ricompongo in alchemiche sostanze per trasmutarle e rilasciarle, vitali essenze, lungo il mio corso.
Accelero! M’allargo, invado, avvolgo e trascino tutto ciò che mi si oppone.
Fluisco, lenta e silenziosa, carezzata lievemente da zampe palmate e gusci di legno calafatati.
Raccolgo brusii d’uomini lungo le sponde, risa di fanciulle ardenti d’amore. Spruzzo giochi di bimbi, alimento e irroro i loro sogni.
Frusciando sotto i ponti osservo di nascosto i passanti, ne colgo gli umori, misuro i loro passi e la fretta.
Per tutto il percorso, luci ed ombre scontornano, con discrezione, incommensurabili ampiezze celesti, ovattati vuoti dei nebbia. Raccolgo pioggia, neve e grandine a fondersi in me e ritemprarmi, ancor più determinata e sapiente.
Nell’ampio, lento fluire stempero giovani entusiasmi e mi dono alla terra che m’accoglie generosa.
Finalmente appagata, rilascio fresco vigore e fertile nutrimento per vite che mi contengono e mi bramano. Saggiamente m’abbandono all’altrui desiderio, soddisfatta e partecipe d’ogni esistenza.
Quando giungo al mare mi sento mancare, temo di scomparire assorbita nelle sue vaste profondità che non conosco. Turbino e mi ribello, in gorghi di resistenza, per non lasciarmi contaminare e intorbidare in limose mescolanze salate. Temo di perdere brillantezza e trasparenza.
Non mi resta alfine che arrendermi docile e lasciarmi andare, portare, confondere fino a fluttuare con voluttà nelle abissali, silenziose, immote profondità ad osservare altre vite multicolori che m’attraversano senza impensierirmi, fiduciose ch’io le sorregga e le alimenti.
Di tanto in tanto cresco in superficie, m’affaccio al cielo, m’inarco in flutti di schiume e godo d’un raggio di sole.

 

Lascia un commento

Scroll Up